Nella
vita si può cadere, si possono avere piccoli incidenti, ma l'importante è riprendersi e fare in modo che quell'incidente non accada più.
Sapevo
che andando forte con la moto sarei potuta cadere, ma l'incoscienza
mi faceva dire “non è possibile capiti proprio a me” e mi
rincuoravo perchè non era mai successo nulla...o forse meglio dire
non ancora!
Mi
sono ritrovata in ospedale con fratture e punti di sutura in tutto il
corpo, per non contare quelli che sono stati dati alla mia anima e al
mio cuore.
Queste sono state le cicatrice più difficili da sanare e
ancora oggi sanguinano. I punti sono stati attaccati male e le ferite sanguinano ancora e purtroppo so
che è soltanto colpa mia.
Una
parte di me è morta in quell'incidente e il peso della morte
echeggia tutti i giorni.
La coscienza è sporca e porto su di me un
macigno che mi curva la schiena, un macigno cosi pesante da farmi
spuntare la gobba!
È
morta la parte migliore di me, quella parte che tirava il carretto
della mia vita.
È morto il rapporto con mia mamma e alla morte si
sa, non c'è soluzione.
Quella salma è chiusa nel feretro, al cimitero e
anche se vado a trovarla tutti i santi giorni, non mi sento meglio,
anzi sento costantemente il ripudio, il respingermi.
Abbasso
gli occhi e non posso che tornare a casa per farla vivere in pace
lontana da me.
Ci
sono giorni invece in cui mi intestardisco e rimango li ad osservare quel rapporto, dall'interno e dall'esterno. Analizzo le diverse sfaccettature e i diversi caratteri e mi domando come mamma e figlia facciano a tenersi cosi lontane.
Guardo indietro e non vado per niente fiera del passato. Se solo potessi tornare indietro, adesso guarderei ancora la gente negli occhi e non starei qui a piangermi addosso per gli errori commessi.
Tutto coagula e tutto si aggiusta. Ci vuole solo tempo.
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