Allo scoccare
del secolo esatto, quando le ultime due cifre dell’anno segnano 20, pare si
manifesti una delle tante calamità naturali che segna profondamente la
popolazione mondiale nel corpo e nello spirito.
È questa la profezia che sembra
accompagnare la nostra storia, quella già studiata sui libri di scuola e quella
invece che deve essere ancora scritta e studiata da chi ci seguirà.
Gli amanti del complottismo hanno
ricamato su questa notizia che pare porti il titolo “La maledizione del ‘20”,
indicante la coincidenza puntuale del diffondersi cadenzato di una pandemia.
Nel 1720 la peste colpì duramente
la Francia, in particolare Marsiglia, città portuale nella quale attraccò la Grand Saint Antoine, la nave proveniente
dalla Siria che trasportava non solo stoffe e cotone, ma anche la peste.
Inevitabilmente la malattia si diffuse in poco tempo, decimando più di un
quarto della popolazione. Anche allora non si capì dal principio si trattasse
di peste in quanto i primi deceduti dell’equipaggio, nove per la precisione,
non mostravano evidenti sintomi di contagio, quindi, distrattamente, si pensò
che i soggetti non avessero sopportato l’estenuante viaggio intrapreso.
Nel 1820 fu la volta del colera, la
malattia che molti definirono “della rivoluzione industriale”. Questo perchè la
prima rivoluzione industriale aveva favorito lo
sviluppo della navigazione a vapore, una rete ferroviaria sempre più fitta, un
maggior numero di mezzi di trasporto sia marittimi che terrestri favorendo la
circolazione di uomini, di idee, di mentalità ma anche di malattie.
Ed infine, tra il 1918 e il 1920, dilagò l’influenza
spagnola, detta anche Grande influenza o epidemia spagnola, una vera e propria
pandemia influenzale che uccise decine di milioni di persone nel mondo. Si trattò
di una semplice influenza che si diffuse rapidamente attraverso i massicci
spostamenti delle truppe impegnate nel conflitto mondiale. Già allora si era
coscienti del fatto che quando una persona infetta starnutisce o tossisce, più
di mezzo milione di particelle virali possono essere diffusi nelle vicinanze. Pertanto
gli alloggi sopraffollati e gli inevitabili spostamenti dei soldati accelerarono
la diffusione della pandemia e probabilmente anche la mutazione del virus.
Certamente gli studiosi hanno anche tenuto in stretta
considerazione che il sistema immunitario dei soldati fosse già compromesso a
causa della malnutrizione, dello stress e della paura dei combattimenti.
Leggendo questo stralcio di storia non posso fare a meno che
notare le tante similitudini con l’epoca attuale. Certo sono cambiati gli
scenari e i soggetti in quanto non si parla più di soldati in movimento; ma se
per un attimo sostituiamo i soldati con le milioni di persone che giornalmente
si muovono all’interno del territorio nazionale e non, per motivi di lavoro, di
famiglia, di salute, o di semplice svago; e se aggiungiamo a questi i fattori
descritti quali lo stress, la malnutrizione intesa come male- nutrizione e la
paura che ciascuno di noi sviluppa nei confronti di qualche argomento
particolare, non vi sembra di stare parlando dell’attuale 2020?
Siamo in guerra! Una guerra silente, priva di
bombardamenti, ma con assordanti colpi di tosse che fanno tremare le gambe.
Siamo in guerra e il nostro nemico
si chiama COVID-19. Ogni giorno intorno alle 18:00 giunge puntuale il bollettino
di guerra della protezione civile con l’aggiornamento del numero di casi in aumento,
dei numeri di decessi, dei guariti a distanza di tempo.
La sanità funziona a rilento perchè la malattia dilaga troppo in fretta; la
migliore del mondo quella italiana, dicono, ma quando i posti i letti non sono
garantiti per tutti gli ammalati allora come si fa a garantirne la qualità!
Siamo in guerra e molte famiglie
aspettano i propri familiari dal fronte, un fronte attualmente troppo lontano, dal quale non
poter scappare. Si va ma chissà quando e se si ritornerà.
Io ho una mamma e una sorella fuori dalla fortezza. Sono al nord per motivi di lavoro e li devono rimanere, non solo a seguito del decreto, ma perché dal punto di vista civico è giusto cosi.
E quindi rimaniamo in guerra ciascuno al proprio fronte di combattimento, senza sostenerci. Per fortuna esistono i nuovi mezzi di comunicazione e possiamo continuare a vederci a sentirci, a restare in contatto per incoraggiarci e aiutarci anche se a distanza.
Mia sorella in prima linea per il suo lavoro da infermiera; mia mamma invece a casa a tessere le fila di quelle scarpette di lana che solo lei sa fare all’uncinetto nell’attesa che tutto passi, silenziosamente così come è venuto, allontanandosi e lasciando il nostro paese una volta per tutte per riprendere i quotidiani ritmi. Come Penelope ad ogni punto da intrecciare il suo umore cambia perché i pensieri pervadono la mente e lentamente ti divorano fino a quando pensi di impazzire.
Le notizie diventano sempre più
assillanti e pensanti, soprattutto dal punto di vista psicologico e dell’umore
inevitabilmente. Ho sempre considerato il virus lontano da me e
dalla mia fortezza ,inespugnabile come il simbolo di Chiaramonte sul Lago, il
Castello.
Eppure adesso riesco quasi ad avvertire il suo arrivo il suo arrivo,
il suo passo felpato come il trotto di un cavallo, anzi tanti cavalli. Ne
avverto le vibrazioni e ad ogni colpo, che in questo caso è un sintomo anche
lontano, tremo!
Siamo soli, chiusi nelle case senza contatti con il mondo esterno. Non
possiamo nemmeno chiamare Dio perché le chiese restano chiuse e anche Dio sembra non avere il lascia passare per la
Terra, anche Lui resta in isolamento, monitorando la situazione dell’alto.
Ciascuno prega, individualmente, modo proprio: c’è chi prega Dio, chi il proprio santo protettore, chi la scienza affinchè la
malattia possa arrestarsi in un modo o nell’altro. Si attende un vaccino, una
spiegazione ad una epidemia che sta diventando un’arma di sterminio mondiale,
situazione alquanto simile alla trama di “Inferno” di Dan Brown.
L’Italia è dichiarata “zona rossa”. Isolata, sola, in ginocchio economicamente. La gente rinchiusa nelle case è frustata dal punto di vista psicologico. Ma è giusto cosi.
L’Italia è dichiarata “zona rossa”. Isolata, sola, in ginocchio economicamente. La gente rinchiusa nelle case è frustata dal punto di vista psicologico. Ma è giusto cosi.
“Rimaniamo tutti distanti oggi per riabbracciarci domani”. Andrà tutto bene! Non possiamo morire, non
dobbiamo e per adesso non è nemmeno il caso dal momento che sono banditi tutti
i riti religiosi, anche i funerali…Ho paura ma non posso cedere perché io “Voglio morire in Piazza Grande”.