giovedì 3 novembre 2016

Ore 12.30 in biblioteca

12.30 in Biblioteca. Un silenzio a dir poco assordante. Sento solamente pagine di libri e quaderni sfogliati, anche con grande foga perché si avvicina l'ora di pranzo e ciascuno di noi vuole terminare il capitolo o l'argomento prima di sedersi a tavola. 
Mi guardo intorno. Gente che digita velocemente sulla tastiera, gente che invece, da buona conservatrice come me, utilizza la vecchia e cara carta e penna.
Li guardo e mi guardo.
La ragazza di fronte a me, senza distogliere lo sguardo dal libro, poggia una mano sulla schiena del suo compagno, forse il fidanzato, e in un attimo mi si gela il sangue. 
Ah quanto vorrei che il mio fosse qui per toccarlo e baciarlo anche un' ultima volta, anche per un solo istante, ma da quella sera lui non c'è più.
Non ci saranno i suoi maglioncini scuri; lui adorava il blu, proprio come me.
Non ci saranno più i suoi baci, misti del sapore di sigarette e vino; baci che mi lasciavano l'alone violaceo del vino rosso, corposo, caldo e passionale proprio come lui.
Non ci sarà più quel ragazzo meraviglioso che mi ritrovavo a fissare ore e ore, mentre lui distrattamente chiacchierava con amici e sorrideva. Si, mi manca anche il suo sorriso e non posso fare altro che rivederlo nelle sue foto e nel ricordo che lui ha lasciato nel mio cuore.
Forse mi penserà o forse, come dicono alcuni, lui c'è sempre e mi protegge ancora.
Lui vive ancora in me o forse sono io quella che è morta la sua stessa sera.
Sento l'amore in questo gesto banale della mano sulla schiena, sento l' affetto di questi due ragazzi e forse riesco anche a captare i pensieri di lei. 
E' inquieta e, sebbene non stacchi lo sguardo dal libro, si percepisce che non è concentrata, o meglio non lo è su quell'argomento. Magari pensa alla notte appena trascorsa con lui o magari è solamente il desiderio di lui a confonderla, ma soprattutto a distrarla.
Mi distraggo ancora, anch'io. C'è chi entra e chi esce e inevitabilmente non posso fare a meno di notare la personalità di ciascuno dei passanti: c'è il "fighetto" in camicia e maglioncino, tracolla rigorosamente a spalla, che gioca ad essere un avvocato di fama, pronto a destreggiarsi tra le toghe dei colleghi, il martelletto del giudice e la falsità da portare avanti in tribunale, come nella realtà; poi c'è il ragazzo in tuta che "tira avanti tanto per campare" perchè sa che senza la laurea non potrà nemmeno svolgere il ruolo di netturbino. 
Ed io? a quale ruolo sto giocando? Forse lo so, o forse ancora no. Ho una mente economica e un cuore molto confuso.
Il mio sguardo si ferma ruotando a 180°. Da quando è entrata non faccio altro che fissarla e su di essa mi sono sbizzarrita con una serie di ipotesi investigative da poter dar vita ad una puntata dello storico Maresciallo Rocca! 
Una signora robusta, di età avanzata. L'aspetto decisamente trascurato, per non parlare dell'abbigliamento... Ecco, chiudete gli occhi e provate ad immaginare la signora dei piccioni in "Mamma ho perso l'aereo".Provate ad immaginare il suo aspetto esteriore e tralasciate per un momento quello fisico. Benissimo, l'avete inquadrata!
Seduta in uno dei banchi della biblioteca, da circa un' ora è impegnata in monologhi con se stessa, bisbigliati per non dar fastidio agli altri. L'unica parola che riesco a percepire leggendo il labiale è "Non è possibile"
Cosa vorrà mai significare? Scattano una serie di domande e riflessioni. 
Mi piace fantasticare su di lei e sul suo passato. Mi piace pensarla come una grande donna di cultura negli anni precedenti, professoressa magari di qualche prestigioso istituto superiore. 
Mi piace immaginarla come una nostalgica del suo amato lavoro, svolto con dedizione,  che torna in luoghi come la biblioteca per respirare e ricordare i momenti in cui la vita le sorrideva.
Sembra che stia aspettando qualcuno, forse un bimbo lasciato a scuola tanto tempo fa e sembra anche parecchio annoiata. Cerca qualcosa nelle sue due borse, una da passeggio, l'altra tipicamente una sacca per i libri. E' come se cercasse un diversivo per colmare il vuoto dell'attesa. 
Ha preso uno smalto rosso e all'impatto percepisco la sua vanità, ma non lo passa sulle unghie: lo versa su un fazzoletto, come a voler ricreare una macchia di sangue da un naso emorragico. Avvicina il fazzoletto e ne sospira l'acido odore.
Ho paura, non per la sua presenza. Ho paura per ciò a cui penso guardandola. Ho paura perchè giungo alla conclusione che la cultura è un'arma a doppio taglio: ti lusinga, ti soddisfa, ti sazia da quella fame di conoscenza che durante gli anni a volte ti tormenta, ma ti distrugge perchè ad un tratto il tuo cervello chiederà PACE!

Biblioteca svuotata... vado anch'io!

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