12.30
in
Biblioteca. Un silenzio a dir poco assordante. Sento solamente pagine
di libri e quaderni sfogliati, anche con grande foga perché si
avvicina l'ora di pranzo e ciascuno di noi vuole terminare il
capitolo o l'argomento prima di sedersi
a tavola.
Mi
guardo intorno. Gente che digita velocemente sulla tastiera, gente
che invece, da buona conservatrice come me, utilizza la vecchia e
cara carta e penna.
Li
guardo e mi guardo.
La
ragazza di fronte a me, senza distogliere lo sguardo dal libro,
poggia una mano sulla schiena del suo compagno, forse il fidanzato, e in un attimo mi si gela il sangue.
Ah quanto vorrei che il mio fosse
qui per toccarlo e baciarlo anche un' ultima volta, anche per un solo
istante, ma da quella sera lui non c'è più.
Non
ci saranno i suoi maglioncini scuri; lui adorava il blu, proprio come
me.
Non
ci saranno più i suoi baci, misti del sapore di sigarette e vino;
baci che mi lasciavano l'alone violaceo del vino rosso, corposo,
caldo e passionale proprio come lui.
Non
ci sarà più quel ragazzo meraviglioso che mi ritrovavo a fissare
ore e ore, mentre lui distrattamente chiacchierava con amici e
sorrideva. Si, mi manca anche il suo sorriso e non posso fare altro
che rivederlo nelle sue foto e nel ricordo che lui ha lasciato nel
mio cuore.
Forse
mi penserà o forse, come dicono alcuni, lui c'è sempre e mi
protegge ancora.
Lui vive ancora in me o forse sono io quella che è morta la sua stessa
sera.
Sento
l'amore in questo gesto banale della mano sulla schiena, sento l' affetto di questi due ragazzi e forse riesco anche a captare i pensieri di lei.
E'
inquieta e, sebbene non stacchi lo sguardo dal libro, si percepisce
che non è concentrata, o meglio non lo è su quell'argomento. Magari pensa alla notte appena trascorsa con lui o magari è solamente il
desiderio di lui a confonderla, ma soprattutto a distrarla.
Mi
distraggo ancora, anch'io. C'è chi entra e chi esce e
inevitabilmente non posso fare a meno di notare la personalità di
ciascuno dei passanti: c'è il "fighetto" in camicia e
maglioncino, tracolla rigorosamente a spalla, che gioca ad essere un
avvocato di fama, pronto a destreggiarsi tra le toghe dei colleghi,
il martelletto del giudice e la falsità da portare avanti in
tribunale, come nella realtà; poi c'è il ragazzo in tuta che "tira
avanti tanto per campare" perchè sa che senza la laurea non
potrà nemmeno svolgere il ruolo di netturbino.
Ed
io? a quale ruolo sto giocando? Forse lo so, o forse ancora no. Ho
una mente economica e un cuore molto confuso.
Il
mio sguardo si ferma ruotando a 180°. Da quando è entrata non
faccio altro che fissarla e su di essa mi sono sbizzarrita con una
serie di ipotesi investigative da poter dar vita ad una puntata dello
storico Maresciallo Rocca!
Una
signora robusta, di età avanzata. L'aspetto decisamente trascurato,
per non parlare dell'abbigliamento... Ecco, chiudete gli occhi e
provate ad immaginare la signora dei piccioni in "Mamma ho perso
l'aereo".Provate ad immaginare il suo aspetto esteriore e
tralasciate per un momento quello fisico. Benissimo, l'avete
inquadrata!
Seduta
in uno dei banchi della biblioteca, da circa un' ora è impegnata in
monologhi con se stessa, bisbigliati per non dar fastidio agli altri.
L'unica parola che riesco a percepire leggendo il labiale è "Non
è possibile"
Cosa
vorrà mai significare? Scattano una serie di domande e riflessioni.
Mi piace fantasticare su di lei e sul suo passato. Mi piace pensarla
come una grande donna di cultura negli anni precedenti, professoressa
magari di qualche prestigioso istituto superiore.
Mi piace immaginarla come una nostalgica del suo amato lavoro, svolto con dedizione, che torna in luoghi come la biblioteca per respirare e ricordare i momenti in cui la vita le sorrideva.
Sembra
che stia aspettando qualcuno, forse un bimbo lasciato a scuola tanto
tempo fa e sembra anche parecchio annoiata. Cerca qualcosa nelle sue
due borse, una da passeggio, l'altra tipicamente una sacca per i
libri. E' come se cercasse un diversivo per colmare il vuoto
dell'attesa.
Ha
preso uno smalto rosso e all'impatto percepisco la sua vanità, ma non
lo passa sulle unghie: lo versa su un fazzoletto, come a voler
ricreare una macchia di sangue da un naso emorragico. Avvicina il
fazzoletto e ne sospira l'acido odore.
Ho
paura, non per la sua presenza. Ho paura per ciò a cui penso
guardandola. Ho paura perchè giungo alla conclusione che la
cultura è un'arma a doppio taglio: ti lusinga, ti soddisfa, ti sazia
da quella fame di conoscenza che durante gli anni a volte ti
tormenta, ma ti distrugge perchè ad un tratto il tuo cervello
chiederà PACE!
Biblioteca
svuotata... vado anch'io!
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